Immodificabilità della sanzione disciplinare (#in)
L’IMMODIFICABILITA’ DELLA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE.
IL LAVORATORE SOTTOPOSTO A PROCEDIMENTO DISCIPLINARE PER UN “AMMANCO” NON PUO’ ESSERE LICENZIATO “PER FURTO IN AZIENDA” CASSAZIONE SEZIONE LAVORO N. 6499 DEL 22 MARZO 2011
La sentenza in esame ribadisce uno dei principi cardine del procedimento disciplinare di cui all’art.7 della legge n.300 del 1970: l’immodificabilità della contestazione disciplinare.
I fatti riguardano un lavoratore dipendente di un’azienda orafa al quale veniva contestato “un ammanco” di un certo quantitativo di merce semilavorata in oro, custodita in un cassetta di sicurezza di cui il lavoratore aveva la chiave.
Le giustificazioni presentate dal dipendente venivano ritenute del tutto inconsistenti dall’azienda, la quale decideva conseguentemente di irrogare la massima sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso.
Nella lettera di licenziamento veniva richiamata, però, l’ipotesi di cui all’art. 23 lett. B del C.C.N.L. applicato al rapporto di lavoro, relativa al “furto in azienda”.
Dinanzi a tale provvedimento il lavoratore ricorreva al Giudice del lavoro, il quale riteneva legittimo il licenziamento.
Di qui il giudizio di appello per i seguenti motivi: 1)genericità della contestazione e violazione del principio di immutabilità della stessa.
Il Giudice di secondo grado accoglieva il ricorso, ritenendo che il fatto genericamente contestato al lavoratore fosse anche ontologicamente diverso da quello posto a fondamento del recesso e, dichiarando l’illegittimità del licenziamento del lavoratore, ne ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro.
Avverso tale sentenza l’azienda ha proposto ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte, rigettando il ricorso principale per violazione dei principi di specificità ed immutabilità della contestazione disciplinare, ha sostenuto che la Corte d’Appello di Venezia aveva correttamente rilevato che l’addebito di “furto in azienda” formulato nella motivazione del licenziamento, non era presente nella comunicazione di apertura del procedimento disciplinare che si riferiva, invece, all’ipotesi di “ammanco”.
La Cassazione ha, poi, precisato che “l’immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di far poi valere, a sostegno della legittimità del licenziamento disciplinare, circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione dell’infrazione disciplinare, dovendosi garantire l’effettivo diritto di difesa del lavoratore incolpato”.
Si segnala una connotazione innovativa della sentenza nella parte in cui i Giudici di legittimità consentono “modificazioni dei fatti contestati” soltanto e nei limiti in cui tali modificazioni riguardino “circostanze non significative” rispetto ai fatti contestati che non comportino un pregiudizio alla difesa del lavoratore.
Dr.ssa Cristina Naccarato
Avv. Valeria Villecco
SLCV