LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E OBBLIGO DI REPECHAGE: NON E’ SUFFICIENTE LA CIRCOSTANZA CHE NON SIANO STATE EFFETTUATE ASSUNZIONI: CASS. N. 11356 DEL 24 MAGGIO 2011( #in)
La Corte di Cassazione torna, ancora una volta sull’onere di “repechage” nel caso di risoluzione del rapporto per giustificato motivo oggettivo ex art.3 Legge 604/1966.
Il fatto storico: un lavoratore dipendente di una S.p.A. viene licenziato con motivazione riconducibile alla soppressione del suo posto di lavoro con ridistribuzione delle sue mansioni fra altri lavoratori. Ritenendo che il datore di lavoro non avesse assolto all’obbligo di “repechage”, il dipendente adisce il Giudice del Lavoro, il quale, in primo grado, annulla il licenziamento disponendo la reintegra del ricorrente nel posto di lavoro. La società adisce la Corte d’Appello, la quale ha ritenuto, invece, legittimo il recesso, considerato che dal giorno del licenziamento nessuna assunzione era stata fatta nel reparto (ramo tecnico) dallo stesso lavoratore indicato per un impiego alternativo (c.d. mansioni equivalenti). Il lavoratore ha proposto, quindi, il ricorso per cassazione.
La sentenza di secondo grado è stata impugnata per vizi di motivazione e violazione di legge, nella parte in cui la Corte d’Appello aveva omesso di considerare che l’azienda datrice di lavoro non aveva fornito la prova di non poter adibire il lavoratore alle mansioni alternative dal medesimo indicate (di addetto al ramo tecnico o al laboratorio), ma si era limita a sostenere soltanto che la società non aveva effettuato nuove assunzioni, in quel reparto, dopo il licenziamento.
I Giudici di Legittimità, con la sentenza in esame, hanno accolto il ricorso sostenendo che l’argomento seguito dal Giudice d’Appello nella spiegazione del suo convincimento in ordine al fatto che si poteva ritenere raggiunta la prova che la datrice di lavoro aveva assolto al suo obbligo di “repechage” sostenendo che nessuno era stato assunto dopo il suo licenziamento, “poggia su un dato che potrebbe essere semplicemente occasionale o voluto e che, pertanto, non può dar contezza dei reali sforzi seguiti dalla parte datoriale nell’assolvimento del predetto obbligo”.
“Il vizio riscontrato (continua la Corte) riguarda, quindi, un punto decisivo, vale a dire quello della verifica dell’assolvimento dell’onere probatorio di rispetto dell’obbligo di repechage, tale cioè da rendere possibile una diversa soluzione ove l’errore non fosse stato commesso” . Non essendo stata fatta tale verifica, la Suprema Corte, ha rinviato la causa, per nuovo esame, alla Corte d’Appello in diversa composizione, statuendo il principio secondo il quale, ai fini della prova dell’assolvimento dell’obbligo di repechage, non è sufficiente la mancata assunzione di nuovi lavoratori dopo il licenziamento (nel reparto in cui il dipendente licenziato ha chiesto di essere inserito per l’impiego alternativo).
Avv. Valeria Villecco
SLCV