Il caso Visco vale più di mille conferenze programmatiche
All’indomani dell’approvazione della mozione del PD contro il rinnovo dell’incarico di governatore della Banca d’Italia per Ignazio Visco, è sembrato necessario concentrare la riflessione sul demone populista che sembra essersi impadronito del PD. Quella mozione, infatti, aveva il difetto di origine di concentrare sulla sola Banca d’Italia di Visco le responsabilità dell’instabilità del sistema bancario italiano, omettendo di considerare il ritardo di sistema che affliggeva le nostre banche già negli anni Novanta, il ritardo con cui il parlamento italiano ha emanato le leggi di riforma del sistema creditizio, l’inefficacia dei controlli sui meccanismi di borsa, l’inefficienza di inquirenti e giudici nella prevenzione dei reati contro i risparmiatori, il ritardo con cui il parlamento ha emanato le leggi per il salvataggio delle banche in crisi, la colpevole volontà di Parlamento, Governo, Sindacati e Istituzioni finanziarie di tutelare i bancari, a danno degli interessi di risparmiatori, investitori e contribuenti.
Le modalità con cui la vicenda si è sviluppata suggeriscono di insistere nella riflessione su un episodio politico che denuncia la vera natura della debolezza della proposta riformista, in Italia, come nel resto d’Europa.
Dopo la pronuncia del parlamento e del partito di riferimento dell’attuale maggioranza parlamentare, è di fatto emerso che la decisione era stata già presa, quando l’iniziativa parlamentare era stata concepita e formalizzata. Di fatto Renzi ha puntato a scaricare dal PD, in ottica elettorale, la responsabilità della scelta che Gentiloni e Mattarella avevano già assunto e che stavano per formalizzare.
Così, il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio dei Ministri sono rimasti in perfetta solitudine ad assumere una scelta che sarebbe stata evidentemente impopolare. Una situazione non proprio comoda, come dimostrano pure i comunicati stampa del Consiglio dei Ministri e della Presidenza della Repubblica, che il 27 ottobre hanno annunciato la scelta di rinnovare a Ignazio Visco l’incarico di Governatore della Banca d’Italia.
Poche parole dall’ufficio stampa del Quirinale, che informava che Il Presidente della Repubblica aveva firmato il decreto di nomina del dott. Ignazio Visco a Governatore della Banca d’Italia, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, acquisito il parere favorevole del Consiglio Superiore della Banca d’Italia. L’ufficio stampa di Palazzo Chigi, invece, comunicava che il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni, acquisito il prescritto parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia, aveva deliberato il rinnovo del mandato del dottor Ignazio Visco a Governatore dell’Istituto.
Dunque, Mattarella ha sostanzialmente affermato che la nomina l’ha disposta perché così gli aveva proposto il Consiglio dei Ministri, acquisito il parere del Consiglio Superiore della Banca d’Italia.
Il Consiglio dei Ministri, da parte sua, ha fatto sapere d’avere deliberato su proposta di Gentiloni e acquisito il parere del Consiglio Superiore della Banca d’Italia.
D’altronde il parere del Consiglio Superiore della Banca d’Italia è stato reso sulla base di un invito ad esprimersi, formulato da Gentiloni, sul rinnovo dell’incarico ad Ignazio Visco.
Di fatto né Mattarella, né il Consiglio dei Ministri, né tantomeno il Consiglio Superiore della Banca d’ Italia hanno reso note le ragioni delle loro scelte. E non lo ha fatto neanche Gentiloni, che ha la responsabilità d’avere avviato la procedura istituzionale indicando espressamente il nome di Visco per il rinnovo dell’incarico.
Di fatto, i cittadini, rappresentanti dal Capo dello Stato e governati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, non hanno avuto la possibilità di apprendere le ragioni per cui le massime istituzioni politiche del Paese hanno deciso di affidare l’incarico di Governatore della Banca d’ Italia, per altri sei anni, al Dott. Ignazio Visco. E tutto questo è potuto accadere anche dopo che sulla materia si fosse espresso in maniera decisa anche il Parlamento.
Ora, di ciò non possiamo certo stupirci, visto che da anni abbiamo ormai compreso che gli stati nazionali hanno perso gran parte della propria sovranità, a beneficio delle istituzioni di governo della globalizzazione finanziaria, tra cui le autorità monetarie spiccano per importanza.
Insomma, la vicenda Visco è la concreta manifestazione di un fenomeno che dovrebbe preoccupare alquanto le forze progressiste e riformiste occidentali, che dovrebbero contrastare la concentrazione di potere nelle mani delle élite monetarie, che peraltro lo esercitano sotto lo schermo legittimante delle istituzioni di rappresentanza.
Di fatto, il demone populista, che aveva suggerito al PD di scaricare le istituzioni incaricate di formalizzare la scelta (fatta evidentemente lontano da Roma), suggerisce adesso di tacere sullo stato di crescente dipendenza, delle istituzioni di governo, da quelle élite monetarie che, dicono di occuparsi della stabilità dei sistemi finanziari, ma che non sono state assolutamente in grado di contrastare il fenomeno dei titoli subprime e la grave instabilità mondiale che ne è conseguita. Sembra quasi che l’ élite monetaria sia brava quando si tratti di limitare l’azione finanziaria dei governi nazionali, ma manca di qualunque efficacia quando si tratti di limitare l’azione predatoria delle élite finanziarie.
Tutto questo non può certo essere un caso, come non dobbiamo considerare un caso la crescente debolezza del riformismo europeo, con la sola eccezione dell’Inghilterra. E forse neanche quest’eccezione è casuale. Meno di un mese fa il leader laburista inglese ha spiegato al congresso del suo partito che la crisi finanziaria del 2008, ed il decennio di austerità che vi ha fatto seguito, hanno spostato il centro di gravità politico delle nazioni europee, che si è mosso sotto la spinta di bisogni ed aspettative che lo hanno allontanato dal paradigma neoliberista. E questa è la ragione per cui Corbyn promuove una nuova piattaforma programmatica del laburismo inglese, sempre meno condizionata dalle influenze liberiste che hanno guidato la globalizzazione finanziaria degli ultimi venti anni. Ed è sempre per questa ragione che il laburismo di Corbyn è diventato più radicale e sempre più spostato verso i caposaldi della tradizione socialista. E forse è proprio per questo che in Inghilterra il partito laburista raggiunge il massimo livello di consensi degli ultimi quindici anni, mentre in Germania una SPD che somiglia sempre di più alla CDU raggiunge il suo minimo storico e perde ogni funzione di governo.
Ecco, la vicenda della Banca d’ Italia dimostra non solo che il riformismo italiano è fortemente condizionato dalle tentazioni populiste, ma dimostra pure che non è assolutamente in grado di denunciare lo strapotere delle élite monetarie e finanziarie che, di fatto, hanno ingabbiato la democrazia e comprimono in maniera ormai insopportabile, perché profondamente ingiusta, la sovranità di questo Paese.
Insomma, la vicenda di Visco e della Banca d’ Italia prova, ancora una volta, l’insufficiente profilo riformista del PD, che ha prodotto il suo progressivo indebolimento nei suoi primi dieci anni di vita e che non preannuncia certo un futuro migliore. E si tratta di una prova che vale più di mille conferenze programmatiche.
Saverio Carlo Greco