Legittimazione passiva della banca cedente
La legittimazione passiva della banca cedente
Commento all’ordinanza 28125/21 della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione in materia di legittimazione passiva della banca cedente ex art 58 TU Bancario.
Con ordinanza del 14/10/2021 la Corte di Cassazione torna a decidere sulla legittimazione passiva della banca cedente un rapporto di conto corrente.
Il caso
Un correntista aveva citato la banca innanzi il tribunale competente perché fosse accertata l’illegittima condotta tenuta dalla banca nel calcolo degli interessi, reclamando la condanna dell’istituto di credito alla restituzione di quanto illegittimamente trattenuto.
La banca, difesa dalla divisione legale di SLCV, si era costituita in giudizio eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, dimostrando d’avere ceduto il credito oggetto di causa ai sensi dell’art. 58 del TU Bancario.
Il giudice di prime cure rigettava l’eccezione della banca ed accoglieva le richieste di parte attrice.
La banca ricorreva quindi alla Corte d’Appello, che riconosceva invece la fondatezza dell’eccezione rigettata dal giudice di prime cure e rigettava la domanda.
L’appellante proponeva quindi ricorso in Cassazione.
La decisione
All’esito di tale lungo iter giudiziario è giunta quindi l’ordinanza dell’Alta Corte, che conferma il giudizio della Corte d’Appello e rigetta il ricorso del debitore, condannandolo alle spese di giudizio.
Differenze tra art. 58 TU Bancario e art 2560 CC
L’Alta Corte ribadisce con tale ordinanza un orientamento più volte confermato, secondo cui la norma sulle le operazioni di cessione dettata dall’art. 58 TU Bancario ha natura speciale e deroga quindi al principio generale fissato dall’art. 2560 CC.
Secondo la tesi del ricorrente, infatti, la cessione non aveva avuto come oggetto “cessione di attività e passività”, ma piuttosto “cessione di crediti pro soluto”. Per tale ragione si sosteneva la legittimazione passiva della banca cedente, atteso che l’art. 58 TU Bancario, applicato dal giudice territoriale, deve applicarsi ai soli casi di “cessione di attività e passività”.
Specialità della norma art. 58 TU Bancario
L’Alta Corte ha però ribadito che “in tema di cessione di azienda in favore di una banca, l’art. 58 del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, nel prevedere il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla “pubblicità notizia” di essa (secondo quanto previsto dal comma 2 dello stesso art. 58), e non la mera aggiunta della responsabilità di quest’ultimo a quella del cedente, deroga all’art. 2560 cod. civ., su cui prevale in virtù del principio di specialità.” ( cfr. Cass. 18258/2014; Cass. 2523/2017).
La legittimazione passiva della banca cedente – esclusione
Derogandosi al principio generale dettato dall’art. 2560 CC, quindi, nei contratti di cessione di azienda a favore di una banca i creditori ceduti, come assumeva d’essere il ricorrente per effetto dei calcoli anatocistici, hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 dell’art. 58 TU Bancario, di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva ( e dunque va esclusa la legittimazione passiva della banca cedente), non potendosi certamente valorizzare la differenza, quando enunciata in termini del tutto aspecifici, fra la “cessione di beni e rapporti giuridici in blocco” ex art. 58 TUB e la “cessione di crediti pro soluto in blocco”.
Nel caso di specie, peraltro, il difetto di specificità è stato eccepito dall’Alta Corte per essersi il ricorrente limitato a riportare nel ricorso alcuni stralci dell’atto di cessione asseritamente prodotto dalla controparte, senza localizzarlo all’interno del compendio di produzioni versate in atti, e non consentendo, in tal modo, alla Corte di apprezzare l’errore denunciato in relazione all’intero contenuto di esso.
Onere della prova della distinzione tra cessioni di natura diversa
La Corte riconosce dunque che in linea teorica si potrebbe pure operare una distinzione tra “cessione di beni e rapporti giuridici in blocco” ex art. 58 TUB e la “cessione di crediti pro soluto in blocco” ex art. 2560 CC, ma una tale distinzione va adeguatamente dimostrata e, quando ciò non accade, la banca cedente può legittimamente eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva, come avvenuto nel caso commentato.