Dipendente non può agire per i crediti anteriori alla procedura
I crediti da lavoro e il concordato in continuità. Se il Piano diventa una barriera per l’esecuzione delle sentenze.
Il creditore da prestazioni di lavoro dipendente non può agire contro la società in concordato per i crediti anteriori alla procedura, nemmeno se riconosciuti successivamente con sentenza.
E’ quanto ha stabilito la sentenza emessa in data 09/06/2021 dal Tribunale di Cosenza in un giudizio d’opposizione a precetto
Il divieto di agire contro la società in concordato
Accogliendo le tesi della Società opponente, incorso in una procedura di concordato preventivo in continuità, nell’argomentare l’iter logico deduttivo della sentenza, i giudici del Tribunale di Cosenza hanno richiamato l’art. 168 L.F., secondo cui : “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.
Con ciò viene quindi ribadito che, dalla data di pubblicazione del ricorso nel Registro delle Imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diviene definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.
Ratio del divieto
La ratio del divieto è quella di inibire, durante il loro corso, ogni atto tendente ad aggredire e disgregare il patrimonio del debitore e nel contempo assicurare alla massa creditoria la parità di trattamento nel soddisfacimento delle proprie ragioni di credito.
La norma è interpretata dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che “In tema di concordato preventivo con cessione di beni ed agli effetti dell’art.184 legge fall., non può considerarsi sorta dopo il decreto di apertura del procedimento di concordato ed essere coattivamente eseguita sul patrimonio del debitore, una ragione di credito che trovi il proprio fondamento in un fatto costitutivo verificatosi in epoca anteriore, anche se la sentenza che accerti il relativo diritto fatto valere in giudizio sia passata in giudicato in data successiva a tale decreto” (ex multis, Sez. I, n. 17637del 10.08.2007).
Applicando il citato insegnamento al caso di specie, non vi è, allora, dubbio che il credito azionato dalla parte opposta, pur accertato con la sentenza del 2019, sia anteriore all’apertura della procedura concorsuale, risultando dalla sentenza posta a base del precetto che tale credito deriva dal riconoscimento giudiziale, peraltro in via non ancora definitiva, di mansioni superiori svolte dall’opposto nel periodo di lavoro intercorso con l’opponente nel periodo 06.08.2007/28.12.2015.
Divieto valido anche per i crediti riconosciuti successivamente con sentenza
Il divieto posto dall’art. 168 L.F. di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore trova pertanto applicazione nel caso in esame.
Deve ritenersi infondata anche la deduzione secondo cui divieto non può ritenersi operativo in considerazione del fatto che il precetto è stato notificato nel rispetto del termine di cui all’art. 168 L.F, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione.
Il credito azionato, infatti, non è stato riconosciuto nel contesto della procedura concorsuale e, quindi, non è contemplato nel piano concordatario. Per questo il dipendente non può agire per i crediti anteriori alla procedura.
Si osserva, allora, aderendo agli orientamenti fatti propri dalla parte opponente, che nella fase successiva all’omologazione, se è vero che viene meno il divieto di cui all’art. 168, comma 1, L.F. tanto non implica che il patrimonio del debitore possa essere esposto alle indiscriminate aggressioni da parte dei creditori.
Fase successiva all’omologazione
n questa seconda fase del concordato, difatti, il divieto di azioni esecutive trova il proprio fondamento nel combinato disposto di cui agli artt. 184 e 186 L.F. dal quale si evince che il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto con il quale il Tribunale ha disposto l’apertura della procedura, vincolo che può essere sciolto solo in conseguenza della sentenza con la quale è disposta la risoluzione o l’annullamento del concordato.
Ciò non significa, che in questa fase, i creditori non possano esperire azioni individuali per tutelare il proprio credito, ma che tali azioni potranno essere consentite esclusivamente nei limiti delle pretese cristallizzate nel piano concordatario, non dovendosi porre l’esecuzione individuale in contrasto con le finalità della procedura.
Dunque, dal provvedimento di omologa del concordato fino a quanto non si è conclusa la fase liquidatoria del concordato o pronunciata l’eventuale risoluzione ex art. 186 L.F. i creditori potranno agire solo per quella parte di credito riconosciuta nella procedura.
Posto, allora, che la pretesa azionata nel caso de quo non rientra nel piano concordato e non è stata riconosciuta nel corso della procedura concorsuale, si deve ritenere che il precetto opposto, pur notificato dopo il passaggio in giudicato nella sentenza di omologazione, preannunciando una esecuzione per crediti estranei alla procedura, incontri ancora il limite di cui all’art. 168 L.F. Con tali motivazioni i giudici del Tribunale di Cosenza hanno dichiarato nullo l’atto di precetto opposto.
Conclusione
Da tale sentenza si può logicamente dedurre che i contenziosi per crediti da lavoro dipendente avviati contro società in concordato preventivo (in continuità) per il riconoscimento di pretese aventi causa anteriori all’apertura della procedura, se pure dovessero risolversi favorevolmente per il dipendente procedente, resterebbero prive d’effetti qualora, in fase di redazione del piano, non fosse stato previsto il rischio di tale contenzioso.
E’ dunque interesse del dipendente, che intendesse ricorrere per il riconoscimento di propri crediti pregressi, seguire con estrema attenzione l’evolversi della procedura di verifica e approvazione del piano concordatario, provvedendo eventualmente ad impugnarlo nei termini qualora il piano approvato ed omologato non prevedesse gli accantonamenti necessari per la soddisfazione delle sue pretese, una volta accertate in sede giudiziale.
Nel caso di specie, sembra potersi intravvedere una strategia diametralmente opposta del creditore, che, pur avendo depositato il proprio ricorso quando ancora il piano doveva essere approvato, ha provveduto alla notifica pochi giorni prima del decreto di omologa e, soprattutto, non ha quantificato altro che i propri crediti da busta paga nella propria dichiarazione di credito, di fatto inducendo gli organi della procedura a ritenere completo il piano depositato dalla società, approvato dall’assemblea dei creditori e omologato dal Tribunale. Proprio la dichiarazione di credito parziale ha forse impedito al creditore di proporre ricorso al piano omologato, di fatto producendo il risultato che il dipendente non può agire per i crediti anteriori alla procedura, neanche per le pretese che volesse vedere riconoscersi in sede giudiziale.