Cessione dei rapporti e somme illegittimamente addebitate
La cessione dei rapporti ai sensi dell’art. 58 del T.U.B. e la richiesta di restituzione di somme illegittimamente addebitate sul conto corrente
Commento all’Ordinanza della Suprema Corte n.136354 del 16.5.2024
la Cassazione, nel caso in esame, ha ritenuto in parte infondato ed in parte inammissibile l’avverso ricorso, promosso da correntista nell’intento di revocare una sentenza di appello che aveva rigettato la domanda di la condanna della Banca cessionaria pagamento di somme illegittimamente addebitate su conto corrente bancario da parte della Banca cedente, chieste in restituzione dal correntista ad Ubi Banca oltre i tre mesi dalla cessione.
La Difesa della Banca cessionaria ha sempre sostenuto che la cessione del rapporto in contestazione fosse da inquadrare nella disciplina di cui all’art. 58 del Testo Unico Bancario secondo cui si sarebbe avuto il trasferimento delle passività al soggetto cessionario della azienda bancaria e non la semplice aggiunta della responsabilità di questo ultimo a quella del cedente, così derogando alla norma codicistica di cui all’art., 250, comma 2, c.c., sulla quale, dunque, prevale in virtù del principio di specialità. Decorso, poi, il termine di tre mesi dalla pubblicazione prevista dal comma 2 del ricordato art. 58, si sarebbe determinato il trasferimento alla banca cessionaria dei debiti della cedente compresi nella cessione stessa (Cass. civ. 12194/12; Cass. n. 22199/2010; conf. Cass. 18258/2014; Cass. 10653/2010).
Ebbene la Cassazione ha pronunciato la infondatezza dell’avverso ricorso limitandosi a precisare che la cessione in contestazione era stata fatta proprio ai sensi dell’art. 58 del t.u.b. e che sul punto non v’era spazio per altre tesi interpretative. Si deve precisare che la difesa di della Banca cessionaria restistente ricollegava la cessione all’art.58 del citato Dlgs, in base a molteplici circostanze, senz’altro implicitamente vagliate dalla Suprema Corte.
Ed infatti
-così risultava dal tenore letterale del contratto laddove, in più parti di esso, la cessione veniva denominata come cessione di rapporti giuridici; -la stessa rubrica dell’articolo 58 del Dlgs n.385, richiamato nella intestazione dell’atto notarile, era intitolata “cessione dei rapporti giuridici”; -nel contratto si pattuiva che si sarebbero intese come cedute anche le garanzia reali, gli accessori, ogni altro diritto, azione, facoltà o altra prerogativa che assistevano i crediti ceduti ed ogni altro accessorio che comunque ineriva gli stessi, e che la cessione stessa era regolata, quanto agli effetti, anche dalle disposizioni di cui all’art. 58 citato, trattandosi di crediti e rapporti giuridici individuabili in blocco; -anche nella pubblicità della cessione, diretta ai debitori ceduti ed ai terzi era espressamente riferito che si intendevano ceduti i diritti e le posizioni contrattuali; -le modalità del perfezionamento della cessione erano quelle previste da detta disposizione di legge, ed infatti gli adempimenti pubblicitari da eseguire sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana erano stati tutti puntualmente portati a termine per come verificato ed asserito dalla Corte d’Appello.
-conseguentemente non poteva che essere pienamente applicabile, al caso di specie, il comma 5 di detta disposizione di legge secondo cui “ I creditori ceduti hanno facoltà entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi il cessionario avrebbe risposto in via esclusiva.
La cassazione, quanto alla inammissibilità, richiama un principio consolidato a proposito dell’accertamento in fatto, ma la pronuncia è interessante dal momento che lo identifica esplicitamente come prodromico all’accertamento della violazione di legge .
Il ragionamento della suprema Corte, che ha qualificato il ricorso avverso in parte infondato ed in parte inammissibile, è da individuarsi nella parte in cui afferma che è insindacabile, in sede di legittimità, la valutazione di merito secondo cui nella richiamata cessione sarebbe rientrato il rapporto giuridico oggetto di causa.
Così si esprime: “il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass. 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715).
Ciò conferma il principio elementare ma qui esplicitato con la massima chiarezza, secondo cui alla Cassazione è demandato esclusivamente l’accertamento del diritto e non del fatto.