Crisi bancaria e Patto Marciano. Connubio ad alto rischio
Con la legge n. 119/2016 il Parlamento ha introdotto l’art. 48.bis del Testo Unico Bancario, disciplinando il cosiddetto Patto Marciano tra banca e impresa.
Così come introdotto dal Legislatore, il Patto Marciano è un accordo tra un creditore e un debitore con cui il debitore concede al creditore il diritto di acquisire la proprietà del bene oggetto di garanzia; un diritto tuttavia sottoposto ad una condizione sospensiva, che si verifica quando il debitore rimane inadempiente alla sua obbligazione di rimborso per una durata di nove mesi a decorrere dalla scadenza della terza rata non pagata (anche non consecutivamente). Se il debitore ha già rimborsato almeno l’85% del debito originario, allora la condizione sospensiva si verifica 12 mesi dopo la scadenza della terza rata non pagata.
L’istituto è applicabile solo ai rapporti tra banca e imprese, diversamente da quanto disposto per il pegno non possessorio, che è stato invece introdotto senza alcuna limitazione soggettiva, che non sia l’iscrizione al registro imprese del debitore.
In realtà il Patto Marciano non è un istituto nuovo nel nostro ordinamento, avendone riconosciuto la legittimità la Cassazione Civile da ultimo con una sentenza del gennaio 2016.
Ed invero la normativa introdotta sembra esporsi a diverse criticità, che lasciano qualche dubbio sull’effettiva convenienza dell’applicazione dello strumento. La principale criticità è costituita dall’incertezza che si proietta sul valore del bene concesso in garanzia per effetto della mancata cancellazione di gravami a conclusione del processo espropriativo (negoziale o giudiziale che sia), anche iscritti successivamente alla costituzione del Patto Marciano. Non v’è dubbio che un bene su cui permangono iscrizioni ipotecari (per quanto inefficaci) rimane un bene compromesso nel suo valore di circolazione.
Altra criticità rilevante è costituita dal fatto che il Patto Marciano, che con l’iscrizione della garanzia assume lo stesso valore legale dell’ipoteca, può essere concesso anche successivamente alla concessione del credito e nessuna restrizione è prevista sulle forme di credito concessa. Ciò significa che il Patto Marciano potrebbe facilmente prestarsi alle censure della frode a danno degli altri creditori qualora fosse costituito sul bene di un’azienda per garantire un credito in un momento di oggettiva difficoltà finanziaria.
Ne discende che l’utilizzo di questa figura giuridica non può che avvenire con la massima cautela, sebbene possiamo prevedere che nella sua prima fase di applicazione, che coincide con una grave riduzione del capitale di vigilanza delle banche, queste potrebbero essere tentate ad acquisire nuove garanzie per ridurre la rischiosità (e quindi le riserve di vigilanza) su linee di credito divenute progressivamente troppo rischiose.
Il fatto peraltro che il Patto Marciano possa essere costituito anche su beni che siano già oggetto di una garanzia ipotecaria (magari a favore dello stesso creditore), suggerisce un atteggiamento prudente per il debitore, che, cedendo alla pressione di un istituto finanziatore, potrebbe definitivamente compromettere la possibilità di trovare soluzioni, anche concorsuali, capaci si soddisfare, magari in parte, tutto il ceto creditorio.
Possiamo quindi ritenere che la L. 119/2016 ha introdotto uno strumento che può rilevarsi molto utile per superare le contingenti difficoltà finanziarie delle PMI (il pegno non possessorio), ma anche uno strumento che sembra concepito solo nell’interesse delle banche e che, quindi, non dovrebbe apportare un beneficio concreto in termini di sviluppo dell’attuale, insoddisfacente, credito bancario alle imprese.
Saverio Carlo Greco
SLCV