Il TAR boccia l’obbligatorietà della media-conciliazione. Atti alla Consulta.
La prima sezione del Tar Lazio, con propria ordinanza del 12.04.2011, ha deciso di rimettere gli atti alla Corte Costituzionale, ritenendo non manifestamente infondata la questione dell’eccesso di delega in cui sarebbe incorso l’art. 5 del decreto legislativo numero 28 del 2010, avendo configurato l’istituto della mediazione “quale fase pre-processuale obbligatoria”.
In particolare, “il Collegio non rinviene nella legge delega alcun elemento che consenta di ritenere che la regolazione della materia andasse effettuata nei sensi prescelti dall’art. 5 del d. lgs. n. 28 del 2010. Laddove indubitabilmente è ascrivibile all’art. 60 della l. 60/09 la scelta di ampliare il ricorso alla mediazione nelle controversie interne in ambito civile e commerciale, nessuno dei criteri e principi direttivi previsti e nessuna altra disposizione dell’articolo espressamente assume l’intento deflattivo del contenzioso giurisdizionale o configura l’istituto della mediazione quale fase pre-processuale obbligatoria”. “Né – aggiunge il Tar Lazio – detto tema può ritenersi rientrante nell’ambito di libertà, ovvero nell’area di discrezionalità commessa alla legislazione delegata, esso non costituendo, né un mero sviluppo delle scelte effettuate in sede di delega nè una fisiologica attività di riempimento o di coordinamento normativo, sia che si tratti di recepire la direttiva comunitaria n. 2008/52/CE sia che si tratti della riforma del processo civile”. Inoltre, l’articolo 60 della legge delega “prevede il dovere dell’avvocato di informare il cliente, prima dell’instaurazione del giudizio, della “possibilità”, e non dell’obbligo, di avvalersi dell’istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione. Anche tale disposizione non consente di ritenere che l’art. 5 del d. lgs. 20/10, al comma 1, nelle tre prime disposizioni, trovi un riscontro nella legge delega 69/09. Infatti, la possibilità è, per definizione, diversa dall’obbligatorietà, e l’accentuazione di tale differenza non può ritenersi superflua, vertendosi nel campo della deontologia professionale, ovvero in un complesso di obblighi e doveri la cui inosservanza può determinare conseguenze pregiudizievoli in base all’ordinamento civile (risarcimento del danno), amministrativo (sanzioni disciplinari) e pubblicistico (art. 4, comma 4, d. lgs. 28/2010), che richiedono l’esatta individuazione del precetto presidiato dalle sanzioni.
Ora sarà la Corte costituzionale a decidere sull’argomento, ponendo così termine ad una spinosa controversia tra avvocati ed alcune associazioni di consumatori da una parte e Governo dall’altra.
Avv Raffaele Scionti
SLCV