Impugnazione del licenziamento: termine di decadenza (Tribunale di Cosenza, ordinanza ex art.669 septies e 700 cp.c. n.6173 del 31 maggio 2011 #in)
Impugnazione del licenziamento: termine di decadenza (Tribunale di Cosenza, ordinanza ex art.669 septies e 700 cp.c. n.6173 del 31 maggio 2011#in)
Un lavoratore licenziato per giusta causa dall’azienda per cui lavorava, decide di proporre un procedimento d’urgenza ex art.700 c.p.c. con il quale chiede al Giudice del Lavoro di essere reintegrato.
L’azienda convenuta eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso in via cautelare a causa della tardività dell’impugnazione del licenziamento avvenuta da parte del dipendente soltanto con il deposito del ricorso ex art.700 c.p.c., la cui notifica risultava pervenuta oltre il sessantesimo giorno previsto dalla Legge.
L’art. 6 della Legge n. 604 del 1966, infatti, stabilisce che il licenziamento può essere impugnato con qualsiasi atto scritto, giudiziale o stragiudiziale, purché idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore. Il licenziamento, deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dal ricevimento della sua comunicazione.
Nel caso all’esame del Giudice del Lavoro era documentale e non contestabile come il primo atto con il quale il dipendente aveva impugnato formalmente il licenziamento intimatogli era individuabile con il solo deposito del ricorso ex art. 700 c.p.c. non avendo il ricorrente contestato il licenziamento con nessun atto stragiudiziale, ossia una comunicazione scritta, antecedente alla proposizione dell’azione cautelare.
Ma tale ricorso, seppur depositato in cancelleria entro il termine di sessanta giorni, veniva notificato all’azienda datrice di lavoro ben tre giorni dopo la scadenza di tale termine.
Ebbene, il Giudice del Lavoro ha dichiarato l’inammissibilità della domanda in via cautelare richiamando il consolidato indirizzo della Giurisprudenza della Suprema Corte, sin dalla nota sentenza delle sezioni unite del 18 ottobre 1982 n. 5395 fino ai giorni nostri, secondo il quale l’impugnazione del licenziamento individuale mediante ricorso giurisdizionale non è tempestiva se, prima del decorso del termine di sessanta giorni, previsto dall’art. 6 legge n. 604/1966, il ricorso, seppur depositato in cancelleria del Tribunale, non viene anche portato a conoscenza del datore di lavoro con il compimento di una valida e rituale notifica. Ciò perché l’impugnazione del licenziamento ha natura ricettizia e produce, quindi, i suoi effetti nel momento in cui viene portata a conoscenza del datore di lavoro.
E sul punto già la Corte di Cassazione (sentenza 21 settembre 2000 n. 1207) si era espressa sostenendo che l’atto di impugnazione del licenziamento (sia esso giudiziale o stragiudiziale), deve essere idoneo a “rendere nota” la volontà del prestatore di lavoro di negare la legittimità del provvedimento; idoneità questa che non è ravvisabile nel deposito del ricorso giurisdizionale e neppure nella pronuncia del decreto di fissazione udienza nel termine legale.
Oltre, però, al dato letterale, la configurazione dell’impugnazione del licenziamento come atto necessariamente ricettizio, poi, è imposta dalla ratio della norma, posto che il termine di decadenza dalla stessa fissato opera principalmente nell’interesse del datore di lavoro, in quanto costui deve poter provvedere alle necessità della impresa senza il rischio di dover riassumere (o di dover risarcire) dei lavoratore licenziati anche in epoca remota. Ed è evidente come la tempestiva comunicazione dell’impugnazione del licenziamento al datore di lavoro costituisca l’unico modo in cui tale esigenza può essere soddisfatta.
D’altro canto il lavoratore è sufficientemente tutelato dall’ampia previsione che gli consente di impedire la decadenza con qualsiasi atto scritto stragiudiziale (nel modo, quindi più semplice e meno dispendioso). Ove, quindi, la scelta sia quella di impugnare il licenziamento direttamente con la domanda giudiziale, essa non può avere come effetto quello di eliminare il risultato che costituisce il fondamento della disciplina legale (la comunicazione al datore di lavoro).
Avv. Valeria Villecco
SLCV