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Mattarella e la Merkel

 Il Presidente torna in Calabria per presenziare all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Unical, dopo avere partecipato alle analoghe cerimonie dell’università Sacro Cuore a Milano, di Tor Vergata a Roma, di Camerino e del Salento. A Milano Mattarella ha ribadito l’importanza della ricerca e dell’assistenza sanitaria nell’ottica della centralità dell’uomo, a Roma ha richiamato il valore della cultura universitaria per l’affermazione dei principi repubblicani, a Camerino si è concentrato sull’emergenza terremoto e sulla capacità di reazione delle istituzioni universitarie, motore fondamentale per tutto il territorio. Nel Salento, invece, il Presidente ha inteso testimoniare la sua convinzione che a Sud ci siano eccellenze apprezzate a livello internazionale su cui puntare per il rilancio del Mezzogiorno.
Insomma, nel viaggio di Mattarella attraverso le cerimonie di inaugurazione dell’anno accademico, a sud come a nord, si può leggere la volontà di rafforzare la considerazione della cultura e delle istituzioni universitarie per la promozione del tessuto civile nazionale. Per come proprio il Presidente ha affermato a Roma, quando ha ribadito che il compito degli atenei è formare un popolo repubblicano, un tessuto di comunità “che trova nella nostra Costituzione un’espressione normativa. Il complesso delle norme dell’articolo 9, degli articoli 33 e 34 sulla cultura, sull’insegnamento, sulla ricerca, sono sempre da mettere in collegamento con i principi e gli obiettivi dell’articolo 2 e dell’articolo 3 sui diritti della persona, sulla sua dignità, sull’eguaglianza”.
Dunque la presenza di Mattarella a Cosenza non è da assumere come segnale d’attenzione alla Calabria o al Mezzogiorno, che ancora oggi vivono una condizione di straordinaria emergenza civile. D’altronde abbiamo ascoltato le sue parole in occasione della conclusione delle consultazioni per la soluzione della crisi di governo che ha seguito l’esito referendario sulla riforma costituzionale; in quell’occasione Mattarella motivò la scelta di andare immediatamente alla nomina di un nuovo governo con l’esigenza di fronteggiare le priorità politiche contingenti, quali le scadenze internazionali imminenti, la riforma della legge elettorale e l’emergenza terremoto. Non citò il Presidente il Mezzogiorno, che, evidentemente, non costituisce un’emergenza nazionale.
Ed anzi la sua visita all’Università del Salento, con l’annessa visita all’Istituto delle Nanotecnologie del Centro Nazionale delle Ricerche pugliese voleva sottolineare un’attenzione rivolta, non tanto alle condizioni del Meridione, ma semmai ai suoi centri di eccellenza, cui evidentemente si attribuisce la possibilità di risolvere la crisi civile meridionale, con un ruolo evidentemente sostitutivo all’ intervento nazionale di convergenza del Sud e del Nord del Paese.
Eppure il Presidente Mattarella in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico di Tor Vergata ha richiamato l’art. 3 della Costituzione, che al secondo comma sancisce: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Insomma il riscatto del Mezzogiorno non dev’essere affidato alle eccellenze meridionali, che da sole, evidentemente, non hanno alcuna speranza di incidere in maniera diffusa e progressiva; si tratta, invece, di un precipuo compito della Repubblica e dei suoi organi istituzionali. E non è certo un caso: come si può immaginare, infatti, una comunità politica senza l’affermazione di un elementare principio di solidarietà? Come si può legare, ai destini di una comunità più ampia, la libera (democratica) scelta di comunità diverse (come possono essere le tante comunità locali del Paese), senza assicurare a ciascuna di esse la possibilità di condividere un’eguale prospettiva di progresso civile, che si traduce in primo luogo in una analoga prospettiva di benessere economico?
Appare dunque evidente che non ha senso l’unità politica senza l’affermazione del principio di solidarietà civile, per come correttamente hanno ribadito i nostri costituenti. E però non sorprende che in questo viaggio nelle università italiane il Presidente richiami l’art. 3 della Costituzione senza ricordare il compito perequativo della Repubblica. Si tratta anzi di un fenomeno ricorrente. Basta ricordare la reazione del Presidente Renzi, nell’estate del 2015 alla diffusione dei dati Svimez sula crisi del Meridione. Da Tokio fece sapere che lui guardava al Sud delle eccellenze, non a quello che si lamenta. Ebbene è il teorema secondo cui il Sud è vittima di se stesso, la denuncia delle sue condizioni sono solo lamentele di un vecchio modo di ragionare e lo sviluppo non può che essere il frutto delle energie di cui è ricco il Meridione. E’ il teorema secondo cui dagli anni Novanta in poi si investe al Nord per 10 volte di quanto non si investa al Sud, pur avendo il Meridione maggiore necessità di risorse infrastrutturali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il Nord sopravvive alla mattanza civile del costante declino progressivo delle economie occidentali, mentre il Meridione è sempre più povero ed isolato.
Insomma, anche nelle istituzioni più alte della nostra Repubblica sembra si sia ormai insinuato il germe delle doppia velocità, secondo cui è concepibile l’unità politica di corpi sociali diversi, che viaggiano, per l’appunto, a velocità diverse. Un germe che ha una matrice culturale individuata, una consolidata costruzione teorica ed una potente comunità accademica, espressione tipica della cultura unica omologante neoliberista.
E non è certo un caso se l’approccio della doppia velocità viene oggi promosso dal Cancelliere tedesco, Angela Merkel, per il disegno delle istituzioni europee del futuro. Si tratta, anche in tal caso, del sovvertimento dello spirito unitario europeo, che ha promosso importanti accordi in passato, ma che sembra oggi inadeguato per fronteggiare l’avanzamento della risposta populista alle peggiorate condizioni civili continentali.
Insomma, in Europa come in Italia, sembra affermarsi una strategia istituzionale disgregante, che minaccia la condizione primordiale dell’unità politica e contro cui sembra improbabile che il nostro Paese possa assumere una posizione critica. D’altronde si può contrastare in Europa la politica della doppia velocità dopo averne accettato la necessità a livello nazionale?

Saverio Carlo Greco

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