Superamento del periodo di comporto: illegittimità del licenziamento se la malattia dipende dalle nocive condizioni di lavoro (Corte di Cassazione sentenza n. 7946 del 7 aprile 2011). (#in)
Con la definizione “periodo di comporto” si intende l’arco temporale durante il quale al datore di lavoro è fatto divieto di licenziare il lavoratore assente “per fatto inerente alla sua persona”. Nei casi tassativi di malattia, infortunio, gravidanza, puerperio ecc. il lavoratore ha infatti diritto alla conservazione del posto di lavoro nonostante abbia avuto luogo una sospensione nell’esecuzione della prestazione.
Tale istituto è principalmente disciplinato dalla contrattazione collettiva che di solito individua, il relazione al comporto per malattia, due diverse tipologie di comporto: il comporto secco e per sommatoria. Con il primo si intende il periodo di conservazione del posto di lavoro in ragione di un unico evento morboso, mentre con il comporto per sommatoria si definisce il periodo di conservazione del posto in presenza di più eventi morbosi. Nel calcolo del comporto devono essere contati, oltre ai giorni lavorativi, anche i giorni non lavorativi come i sabati, le domeniche, le festività infrasettimanali e i giorni di sciopero che cadono nel periodo di assenza per malattia.
Recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7946 del 7 aprile 2011, si è espressa statuendo che in caso di malattia, il lavoratore che superi il periodo di comporto non può essere licenziato qualora l’infermità sia determinata dalla nocività delle mansioni o dell’ambiente di lavoro.
I Giudici di Legittimità hanno specificato, però, che “incombe sul lavoratore l’onere di provare il collegamento causale fra la malattia – che ha determinato l’assenza (e, segnatamente, il superamento del periodo di comporto) – ed il carattere morbigeno delle mansioni espletate”.
Se da un lato, quindi, il superamento del periodo di comporto è condizione sufficiente per procedere al licenziamento non essendo necessaria la prova del giustificato motivo oggettivo e della sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa, dall’altro il licenziamento potrà essere dichiarato inefficace se il lavoratore licenziato dimostra il nesso causale tra la patologia e le mansioni espletate in violazione degli obblighi di sicurezza gravanti sul datore di lavoro ai sensi degli art. 2087 del codice civile o di specifiche norme.
Avv. Valeria Villecco
Dr.ssa Cristina Naccarato
SLCV